Confessioni di un consulente IT

Un cretino #2

Posted in Storie Aziendali by pigreco314 on 12 marzo, 2012

Il solo fatto che si stia delineando una serie sul tema delle corbellerie seriali perpetrate dal soggetto è di per sé preoccupante ma tant’è.

Il Nostro (sempre S.G.) ha illustrato una interessante teoria su come si dovrebbe impostare la strategia di vendita dei nostri prodotti software e dei relativi progetti di implementazione.

Poiché stiamo assistendo a un picco di lavoro per i servizi professionali, che, mancando del numero di consulenti che sarebbe necessario, gestiscono con difficoltà (com’è ovvio e umano) l’allocazione efficiente delle risorse sui progetti, bisognerebbe RALLENTARE la vendita e acquisizione di nuove attività per consentire di evadere il backlog di ordini pregresso, pronti ovviamente a ripartire di gran carriera quando il backlog sia stato ricondotto a una dimensione più gestibile e si siano finalmente liberate risorse.

Tanto il mercato e la concorrenza sono lì che aspettano i comodacci nostri no, S.G.? Sottospecie di ruminante biungulato fissipede!

Un cretino

Posted in Product Department, Progetti, Programmazione, Storie Aziendali by pigreco314 on 4 ottobre, 2011

Il collega inglese S.G. è da giovedi scorso ufficialmente un cretino. D’ora in poi poco prima di iniziare una conversazione con lui mi prenderò qualche istante di riflessione in modo da lasciare che il giudizio si formi con chiarezza nella mia mente e crei il contesto necessario alle sue successive affermazioni:”Sto parlando con un cretino”.

Chiunque abbia anche solo una vaga esperienza di progetti IT basati sull’implementazione di una applicazione software sa che per soddisfare un requisito utente è sempre opportuno privilegiare l’adozione di una funzionalità standard già presente nell’applicazione rispetto alla creazione di feature personalizzate: nel primo caso si utilizza una caratteristica del software che (sperabilmente) ha superato determinati test di qualità, non sono richieste ulteriori attività di progettazione, sviluppo, test e documentazione, e se il software è disegnato con un minimo di accortezza ci si deve attendere che tale funzionalità sia preservata nelle future versioni del software.

Anche quando si è costretti a sviluppare una funzionalità personalizzata, qualora essa diventi in seguito parte del software standard (in genere questo accade quando gli architetti dell’applicazione riconoscono che di quella particolare feature beneficerebbe l’intera comunità di utenti ed è quindi opportuno renderla disponibile a tutti), durante la pianificazione della migrazione del sistema alla nuova realease io prenderei in seria considerazione la possibilità di dismettere la versione “custom” della funzionalità e sostituirla con la sua controparte “built-in” perché da quel momento in poi aprofitterei di tutti i vantaggi citati sopra. È evidente che questa considerazione di principio deve essere accompagnata da una valutazione di costi e benefici: se il costo della conversione da “personalizzato” a “standard” è superiore ai benefici a lungo termine derivanti dal passaggio, è bene lasciar perdere.

Giovedi ho dovuto sprecare alcuni minuti del mio prezioso tempo (che sarebbero stati molti di più se non ci avessi dato un taglio brusco) per spiegare a S.G. questo elementare concetto che secondo me avrebbe già dovuto far parte del suo bagaglio culturale. E invece alla fine mi sono persino sentito replicare:”Se la funzionalità personalizzata fa quello che deve e soddisfa il requisito originale perché sostituirla con una standard?”. Per la serie: se funziona non toccare niente, non pensarci nemmeno, è male.

A S.G. non dovrebbe essere consentito di stare lì, nella posizione di responsabilità in cui si trova a propalare idee perniciose che esercitano un’influenza nefasta sulle menti dei nostri giovani business analyst.

Perché?

Perché è un cretino.

Dati sensibili

Posted in Management, Persone, Storie Aziendali by pigreco314 on 21 luglio, 2011

L’ineffabile AU*,vice presidente, responsabile dei servizi professionali globali, uno per il quale ho provato una sensazione di moderato fastidio (forse ricambiata) sin dal primo giorno in cui l’ho conosciuto due anni fa e che da allora non ha mai fatto nulla per smentire quella sensazione (non che fosse obbligato), anzi, ha provveduto più volte a confermarla, una delle persone più sopravvalutate (probabilmente anche da sé stesso) che abbia mai incontrato, secondo alcuni racconti addirittura spregevole, nell’evidente intento di cesellare e far risplendere di una luce abbacinante il suo profilo LinkedIn, si fa prendere la mano e arriva a fornire senza filtro alcuni dati che a volte è complicato persino per noi stessi dipendenti reperire:

  • numero di sottoposti: cioè quante persone lavorano nei professional services
  • fatturato complessivo della business unit che combinato con il dato precedente consente di ricavare un’idea della nostra produttività
  • margine operativo del gruppo di supporto (!)
  • margine operativo annuale dei servizi professionali (!!)
  • una descrizione piuttosto dettagliata di quanto egli sia esperto nell’implementazione e gestione di certi nostri processi operativi strategici (!!!)

Ovviamente in numeri presentati sono molto buoni,ottimi direi e la descrizione delle modalità organizzativa appare assai brillante.

Ora io mi domando, il lettore casuale (o estremamente interessato) dei profili di LinkedIn imbattendosi in quello del Nostro sarà portato a pensare che egli sia un grande manager o uno sprovveduto ed emerito cretino?

Cambio password

Posted in IT, Storie Aziendali by pigreco314 on 5 giugno, 2011

Fortunatamente di tanto in tanto il nostro dipartimento IT contribuisce ad allietare le nostre dure giornate lavorative con simpatici diversivi.

Ieri giunge un messaggio dall’IT Director d’oltreoceano che ci informa delle avvenute dimissioni di un membro del suo team, tale E.R., di cui ricordo la fiammante Porsche che faceva bella mostra di sé nel parcheggio del nostro quartier generale sulla costa est. Visto che il tecnico dimissionario gestiva active directory, occorre forzare un cambio password generale di tutti gli account della nostra rete. Il cambio dovrà essere effettuato a partire dalle ore sedici zero zero, fuso orario Centro Europa. Inutile farlo prima perché il cambio password sarà comunque forzato alle sedici zero zero. Fuso orario Centro Europa.

Mi domando il perché di tutto ciò: non sarebbe sufficiente cambiare la password di amministratore di sistema per escludere l’accesso di chi prima lo gestiva? O forse le password degli account di Microsoft Active Directory sono visibili in chiaro all’amministratore?

Obbediente attendo l’ora X e nel frattempo impariamo a memoria le istruzioni che dicono di collegarsi al server VPN, ignorare l’opzione cambio password proposta automaticamente dal client Cisco (perché non funziona) e una volta collegati effettuare la modifica della password tramite la normale procedura di Windows 7, Ctrl+Alt+Canc, ecc. ecc. Piccolo dubbio: non è che se mi resettano l’account mi sarà impossibile collegarmi al server VPN? Soffoco il dubbio, non è possibile che il nostro precisissimo dipartimento IT abbia commesso un errore così marchiano.

Giungono le ore sedici zero zero (fuso orario Centro Europa) e puntualmente Outlook mi si scollega automaticamente dal server. Diligentemente lancio il client VPN Cisco. Inserisco username e vecchia password: l’interfaccia mi informa che la password è scaduta e mi propone di cambiarla, invito che declino come prescritto dalle istruzioni. Fin qui tutto bene.

Clicco su quindi su Cancel ma invece di completare la connessione il client Cisco mi propone di nuovo la finestra di dialogo per l’inserimento di username e password. Evidentemente qualche impercettibile errore il nostro dipartimento IT l’ha commesso.

Tentativo di risoluzione #1: vediamo se per caso la procedura del cambio password dal client Cisco nel frattempo si è messa a funzionare. Rilancio il collegamento VPN, scelgo questa volta l’opzione “Cambio Password” ma niente. Non funziona.

Percepisco qualche mormorio provenire dalla stanza del collega L.C. e capisco di non essere il solo in questa situazione e presumo che vi si troveranno parecchi del paio di centinaia di colleghi dislocati tra l’India e la California. Come farà il nostro IT director a informarli su come risolvere il problema visto che gli account di posta sono disabilitati e non tutti i dipendenti sono dotati di Blackberry?

Decido di contattarlo via skype: per fortuna risponde lesto e mi suggerisce il:

Tentativo di risoluzione #2: provare a effettuare il cambio password dall’interfaccia web di Outlook. So già che non funzionerà, il mio account è andato e certo non mi sarà possibile connettermi in quel modo. Ma diamogli il contentino,mi ci vogliono 5 secondi. Procedura fallita: lo informo via skype.

Evidentemente pure lui vuole farla breve e mi comunica di aver messo in atto il:

Tentativo di risoluzione #3: per consentirmi di connettermi alla rete ha resettato la password utilizzando la solita, notissima e scontatissima stringa di default conosciuta da tutti e tradizionalmente utilizzata per inizializzare gli account della nostra rete. Raccomandandomi ovviamente di cambiarla IMMEDIATAMENTE!

Mi concedo qualche secondo per riflettere su come è stata gestita tutta questa faccenda e quali risultati ha prodotto: per ovviare a un remotissimo rischio di compromissione del sistema, al mio account è stata forzosamente assegnata una password debolissima e stranota.

Come dicevo, una mezz’ora di simpatico sollievo dal duro lavoro quotidiano.

I conti non tornano

Posted in Storie Aziendali by pigreco314 on 24 Maggio, 2011

Qualche mese fa alcuni colleghi dei Professional Services in Olanda furono licenziati nell’ambito di un piano di riduzione del personale e contenimento delle spese. Per lo meno questa fu la giustificazione addotta dal direttorissimo dei servizi professionali Europa. Uno di quei colleghi lavora ora per la concorrenza.

Poche settimane fa abbiamo concluso una grossa acquisizione che non è certamente costata due lire bensì diversi milioni di euro e che non è stata di sicuro finanziata da un congruo aumento di fatturato. Escludo poi qualunque ipotesi di leveraged buyout che utilizzi la cassa dell’acquisito per pagare il debito contratto dall’acquirente: i proprietari di quell’azienda non l’avrebbero permesso, non li conosco benissimo ma lo ritengo assai improbabile.

Certo potremmo aver finanziato l’operazione con un prestito bancario da ripagare con il ritorno sull’investimento derivante dall’acquisto: nuove sinergie, espansione geografica dell’azienda acquisita (che al momento opera quasi esclusivamente nel nord Europa) con conseguente incremento di fatturato, ecc.

Oppure avevamo semplicemente i soldi in cassa.

In ogni caso, non riesco capire come la medesima società prima proceda al licenziamento di tre persone e poco tempo dopo effettui un’acquisizione di questa entità.

Il tutto sta producendo interessanti ramificazioni, tutte abbastanza prevedibili.

Ci ritroviamo con uno staff di professional services numericamente inadeguato a far fronte a un backlog di ordini crescente e un mantra ossessivamente ripetuto che suona “non abbiamo risorse non abbiamo risorse non abbiamo risorse”. Non abbiamo risorse nemmeno per rispondere alle RFP, presumo anche per il timore inconscio(?) che conferendo risorse per queste attività si “rischierebbe” l’acquisizione di nuovi ordini con conseguente aggravamento la situazione. L’altro giorno al mio capo è persino arrivata la richiesta supplichevole del VP dei servizi professionali che chiede se sia possibile allocarmi temporaneamente su alcuni progettini che potrebbero arrivare a breve (seeeeee, manca solo che torni a sviluppare form e report).

In secondo luogo il morale del team olandese è sprofondato al di sotto del livello del mare: ho appreso ieri che un collega di quell’ufficio ha appena dato le dimissioni, il nuovo episodio di una reazione a catena che sicuramente non finirà qui.

Sembra quasi che a governare le cose in una certa parte dell’organizzazione ci sia uno zoppo che porta sulle spalle un cieco che lo guida.

Bollette non pagate #2

Posted in Paradossi fiscali, Storie Aziendali by pigreco314 on 9 aprile, 2011

Da ieri le linee telefoniche dell’ufficio non funzionano perché Telecom ha sospeso il servizio.
Pare che abbiamo saldato una bolletta pagando un importo erroneo e a dispetto di svariati solleciti alla nostra efficientissima contabilità d’oltreoceano non è stato effettuato un conguaglio di 113 euro. Evidentemente negli Stati Uniti non esiste il concetto di RID bancario.

Ho avuto la bella sorpresa ieri pomeriggio quando ho composto il numero per collegarmi alla conference call settimanale e una voce femminile mi ha informato che la linea era sospesa per motivi amministrativi.

Dal quartier generale USA mi è arrivata la copia scansita del bonifico effettuato in fretta e furia con la preghiera di inviarlo urgentemente via fax all’ufficio competente di Telecom.
Mi sono trattenuto dal rispondere una delle due (o entrambe):

  1. Come diavolo faccio a spedire un fax se la linea telefonica è sospesa?!
  2. Don’t you have fax machines down there, Guys?! Aspettate, ho capito: non vi è chiaro come spedire un fax a un numero italiano,ok.

Ho finito le mie cosucce, sono tornato a casa e l’ho spedito da lì.

Ci sarebbe un modo per risolvere questi problemi contabili una volta per tutte e cioé mettere alla prova il nostro Quality System, aprendo formalmente un’indagine per mancata osservanza di una procedura contabile e vedere cosa succede.

Quasi quasi lo faccio.

UpdateIl lunedi le linee telefoniche funzionavano di nuovo. Il problema tecnico è risolto, la scarsa considerazione per la gestione della contabilità permane,immutata.

Bollette non pagate #1

Posted in Paradossi fiscali, Storie Aziendali by pigreco314 on 11 marzo, 2011

L’eco dei disastri del Vice President Finance da poco giubilato si fa ancora sentire. Il Nostro aveva deciso di accentrare tutta la contabilità presso il quartier generale d’oltreoceano, incluso il pagamento delle fatture dei fornitori. Così tutto sarebbe stato sottoposto al suo infallibile controllo.

Ieri ENEL ci ha scritto che ci taglieranno la fornitura se non provvederemo a  pagare immediatamente le fatture arretrate.

Non so se questo sia più preoccupante o umiliante.

Qualità senza sostanza

Posted in Storie Aziendali by pigreco314 on 28 febbraio, 2011

La nostra azienda ha un Sistema della Qualità: un elenco di SOP codificate e sottoposte a revisione periodica (all’incirca ogni nuova era geologica), procedure di audit, un database per registrare deviazioni, analisi di potenziali problemi e azioni correttive.
Tutto documentato e illustrato durante chiarissime sessioni di training a seguito delle quali è necessario sostenere quiz per dimostrare l’efftiva comprensione dei concetti.
Ho fatto i quiz e ho totalizzato il massimo punteggio.
Ma non ho la minima idea di come PRATICAMENTE dovrei applicare questi concetti visto che non è stato fornito uno straccio di esempio concreto di cosa sia una deviazione, un’analisi di potenziale problema o un’azione correttiva.

In effetti durante il training un esempio è stato fatto: scendendo dall’auto sono scivolato sul ghiaccio perché non era stato gettato il sale nel parcheggio.

Secondo me abbiamo qualche problema.

Ei fu. Siccome Finance

Posted in Storie Aziendali by pigreco314 on 19 febbraio, 2011

Con parecchi mesi, forse anni di ritardo, qualche giorno fa è stato giubilato il responsabile del Finance.

Di lui si ricordano grandi imprese: la creazione di moduli per il rimborso delle note spese in cui comparivano ancora la lira e il marco tra le valute da convertire in dollari, il mancato rispetto sistematico delle scadenze per il pagamento dell’IVA (sia in Italia che in Olanda, concetto troppo difficile per un “ragioniere” americano forse) con conseguente ammenda, l’invenzione di un sistema assurdo per la conversione del P&L in dollari che in pratica seguiva fedelmente le fluttuazioni delle quotazioni delle valute con il risultato che i prezzi a giornata dei nostri consulenti in qualunque paese dove non si usano dollari potevano variare di minuto in minuto. E per finire, le arroganti risposte del tipo “E’ tutto sotto controllo, non preoccupatevi, la contabilità è affar mio!” a chi gli faceva cortesemente notare che stava combinando un mare di cazzate.

Insomma un pazzo incompetente.

Avanti il prossimo.

Raccomandazione

Posted in Persone, Storie Aziendali by pigreco314 on 11 febbraio, 2011

Il collega olandese J.H. che un tempo lavorava nel mio team, mi ha inviato una richiesta di raccomandazione via LinkedIn.
Visto che il team olandese è stato abbondantemente bastonato di recente (tre licenziati negli ultimi mesi) il morale non è alle stelle. Tra l’altro la riduzione di personale è stata pilotata dal quartier generale USA (come tutte le altre che l’hanno preceduta) ed eseguita in maniera assai maldestra: un elefante in una cristalleria avrebbe fatto meno danni. Uno dei dimissionati lavora oggi per la concorrenza e l’arrivo di nuovi importanti progetti ci potrebbe costringere ad assumere personale (e speriamo dico io). Insomma un tempismo perfetto.

Qundi la richiesta di J.H. mi preoccupa un po’ e decido di indagare.
Lo contatto spiegando che sebbene le sue capacità e prestazioni giustificherebbero pienamente una raccomandazione, preferirei soprassedere visto che tra colleghi la cosa potrebbe suonare un po’ stonata. Gli chiedo poi se questa richiesta non sia anticipatrice di qualche scelta imminente, nel qual caso mi piacerebbe parlarne al telefono.
Mi risponde scrivendo che comprende la mia decisione e mi tranquillizza spiegando che non sta attivamente cercando un’altra posizione ma visto l’andazzo sta rifacendo il make-up al proprio profilo LinkedIn nel caso gli serva a breve.

Dopo qualche giorno noto che il nostro defenestrato ex-CEO ha provveduto a fornire il proprio endorsement in LinkedIn al buon J.H.

Ubi maior…